CANONE #8 - EPILOGO
Qui, per il momento, finisce il mio canone, che è solo una raccolta di intuizioni su alcuni spiriti cari.
Con questo opuscolo non propongo un canone come catalogo di opere da costituire a regola d’arte; in realtà le mie intenzioni sono estranee a questioni di natura storico-letteraria, o critico-letteraria: sono anzi estranee a qualsiasi idea di letteratura, se per letteratura si intende qualcosa di diverso dalla costruzione, per mezzo di parole o immagini o numeri, di un racconto del mondo equivalente al mondo stesso, capace, quindi, di preservare il mondo nella sua continuità e perennità. Continuità e perennità, nel mio discorso, sono parole chiave. La continuità e la perennità sono un’unica idea concreta, e insieme un ideale-guida, che trova la sua più alta formulazione durante il Rinascimento italiano nel sogno della philosophia perennis, ma che attraversa tutta la storia dell’uomo. La philosophia perennis concepita da Ficino e da Pico della Mirandola è il tentativo di mostrare, attraverso la coniugazione di Platone, Aristotele e Lucrezio, la continuità fra anima e spirito e corpo, o fra ragione e idea e materia, e, in questa continuità, la perennità di un mondo come armoniosa organizzazione razionale che lega ogni elemento, parimenti ideale e materiale, in una continuità insolubile; e, nello stesso tempo, è il tentativo di creare una genealogia di sapienti che, a partire da Zarathustra, passando per Mosè, Platone e Gesù, persegue l’idea di questa perennità e continuità: continuità e perennità, dunque, di un pensiero che si fonda sulla continuità e quindi sulla perennità del mondo. Per continuità possiamo intendere il momento estetico e per perennità il momento morale di un’unica esperienza del mondo. È in questa esperienza che, per mezzo di numeri o parole o immagini, ossia della nostra facoltà razionale, possiamo rapportare a noi l’immacolata razionalità del mondo; ed è grazie a questa esperienza, in cui scopriamo la continuità fra l’anima del mondo e l’anima individuale, e la perennità dell’una e dell’altra, che possiamo fare il racconto del mondo, congegnare rimedi a ogni male, creare strumenti che ci salvano dalla necessità, conoscere i miracoli dati per natura di cui è capace l’uomo: che possiamo concepire una città dell’uomo, una civiltà, che sia specchio della casa dell’uomo, il mondo. Senza l’idea della continuità e perennità il mondo diventa un congregato irrazionale di fatti casuali, sciolti l’uno dall’altro, un’allucinazione su cui agire con solipsistiche proiezioni mentali: e l’uomo è allora costretto a chiudersi con paura in comunità rette da fantasiosi dogmi religiosi, identitari, tribali o, che è la stessa cosa, in società contrattualistiche rette da fantastici dogmi morali, normativi, economicisti.
A tutti gli uomini è dato fare esperienza della continuità e perennità del mondo; ma solo alcuni trovano il desiderio, la forza morale e il coraggio di affrontare il piacere e lo strazio che comporta il dedicare per intero la vita all’impegno intrinseco a tale esperienza: i sapienti greci precedenti la nascita della filosofia; i mistici cristiani, ebraici, e i musulmani figli di Platone; i maghi rinascimentali; quegli uomini che Giorgio Colli ha definito grandi individui in virtù dell’assenza in loro di qualsiasi particolarità e individualità. Grandi individui perché la loro anima è continua e perenne come l’anima del mondo; grandi individui perché il loro principio di individuazione coincide con quello del mondo. Per cercare di descrivere la mente di uomini del genere ho, dunque, cercato di ritrovare la loro voce al di là delle vicissitudini, dei fatti biografici, delle questioni letterarie che hanno accompagnato il declinare dei loro giorni. È una voce in fondo facile da ritrovare in tutte le cose, che da sempre uomini obbligati alla veglia, vivi nella luminosità della coscienza, usano per pronunciare con forza una parola, semplice e indivisibile, ma che i più non intendono né prima di udirla né dopo che l’hanno udita: eppure tutte le cose si producono seguendo questa parola che parla dentro tutte le parole: a salvaguardia del mondo.
Pier Paolo Di Mino
Nell'immagine, dettagli dai ritratti di «Canone», realizzati da Veronica Leffe.