IL PIACERE DI NON ESISTERE
La strategia virale tipica del Rinascimento prevedeva, accanto all’utilizzo del libro inesistente, anche quello dello scrittore mai esistito.
Forse, nel Rinascimento gli scrittori attuavano una variazione dell’uso, frequente nella tarda antichità e nell’alto medioevo, di nascondere il proprio nome dietro quello di un autore classico, venerato e incontestabile, al fine di accordare al proprio lavoro un’autorità più vasta e di liberarlo dai pericoli della censura. Sicuramente uno scrittore che non esiste gode ancora di più di uno scrittore che si nasconde dei comodi benefici pratici dell’inesistenza tanto in termini politici che esistenziali. Ma, ovviamente, nell’uso dell’inesistenza c’è anche un piacere: per un inventore di storie e pensieri sentire e fare sentire anche la propria persona, la persona che inventa quelle storie e quei pensieri, come un’invenzione, come una storia o un pensiero inventato, è una sorta di quadratura del cerchio sensualissima. Dopo il Rinascimento, ad ogni modo, la tradizione continua e si amplia. Jonathan Swift, insieme ad un gruppo di intrepidi amici, nel Settecento, darà vita a Scriberius. Dell’inesistenza di Shakespeare la leggenda è vasta. Ancora recenti sono le imprese letterarie del mai esistito Ellery Queen, di B.Traven o dello scrittore e pittore indonesiano Ananda Sunya.
Testo di Pier Paolo Di Mino.
L'immagine è la copertina di Visiorama testamento scritto da Ananda Sunya e pubblicato da La Scimmia edizioni nel 2004. L'illustrazione è di Veronica Leffe.