GLI DÈI E GLI EROI DELLA GRECIA
Il labirinto di storie e di immagini e di parole che unisce, come in una sciarada, che è anche una catalogazione congetturale di nomi appena fuggiti dalle cose; questo gioco, che unisce ogni capitolo de “Il libro Azzurro” a “Lo Splendore”, e “Lo Splendore” a tutto ciò che non può essere contenuto nel suo spazio per evidenti motivi di tempo, ha un grande debito, senza dubbio, nei confronti di una certa teologia: raccontare gli dèi.
E il più grande di questi debiti lo abbiamo certamente contratto con Károly Kerényi, a cominciare dal suo “Gli dèi e gli eroi della Grecia”. L’invisibile, questo non va nemmeno spiegato troppo, è la parte maggiore rispetto al visibile, e sono gli dèi, nella loro astrazione matematica, a reggere le sorti esatte dei nostri destini capricciosi e imprevedibili come ci viene mostrato in quelle grandi narrazioni dove gli inesorabili fatti astronomici coincidono con quelli eterni dell’anima. È per questo, quindi, che ci rivolgiamo alle grandi narrazioni per vivere davvero. Un tempo, addirittura, queste grandi narrazioni erano vissute nei riti. È nei riti che i pianeti diventavano dèi (essendo gli dèi stati un tempo pianeti, ci ricordava Aristotele) e le leggi perfette dei movimenti stellari diventavano storie intrecciate e complesse che parlavano religiosamente ai sentimenti dell’uomo. Le caccie erotiche di Zeus; gli stupri estatici di Apollo; la tortuosità esaltante di Dioniso; il sapere umano troppo umano di Hermes; i misteri piani e quotidiani di Estia; l’inviolabile segreto femmineo del potere quale lo mostra, quale lo vela Era; l’estasi della normalità e, dunque, Atena; Afrodite e, quindi, la perfetta grazia del numero cinque, del quincunce e del venerdì; infine, Pan e la beatitudine che fa impazzire nel mezzogiorno, quando le ombre, e quindi l’incertezza del divenire, si ritirano. Per un momento gli uomini potevano vivere come le stelle facendo coincidere in quei riti la ragione umana e la necessità astronomica. Forza un certo numero di secolari convinzioni pensare ai duri lavori dell’orgia in termini tanto razionali e necessari dopo che un paio di millenni di grandi religioni razionaliste e ateiste ci hanno spiegato che quelle orge erano idolatriche e le storie che rappresentavano oscenità. Questa parte della nostra biblioteca potenziale si trova, dunque, ora, in riva al mare, su uno scoglio, dove un uomo, che si chiama Károly Kerényi e si è rivoltato contro il cielo dell’era volgare per liberarci dalla superstizione, con sorridente malinconia, comincia un racconto. “Nella nostra mitologia esistevano vari racconti sulle origini del mondo”, sta sussurrando.
Testo di Pier Paolo Di Mino
Ricerca iconografica a cura di Veronica Leffe.